I personaggi e la storia

Nella prefazione al romanzo Il terzo uomo Graham Greene scrive:

 

La maggior parte degli scrittori hanno in testa o nel loro taccuino le prime idee di storie che non verranno mai scritte. (…) Anni fa, sul retro di una busta, avevo scritto un paragrafo di apertura: “Avevo dato l’estremo saluto a Harry una settimana prima, quando la sua bara era stata calata nella terra ghiacciata di febbraio. Rimasi incredulo, quindi, quando lo vidi passare, senza un cenno di riconoscimento, tra la folla nello Strand”.


Il paragrafo era rimasto a dormire fino a quando il produttore Alexander Korda aveva chiesto a Greene di scrivere una sceneggiatura per lui e lo scrittore si era ricordato di questa annotazione. Da qui uscirono il film Il terzo uomo, diretto nel 1949 da Carol Reed con Joseph Cotten, Orson Welles e Alida Valli, e il romanzo che Greene ricavò dalla sceneggiatura.


Su un piano molto più modesto, nel mio quaderno Moleskine c’era da tempo una breve nota che diceva più o meno così: “In una notte di nebbia, a Milano, A torna a casa e scopre che sua moglie, B, è scomparsa senza lasciare messaggi e senza portare via niente”.

 

Non avevo la più pallida idea di chi fossero A e B e del motivo della scomparsa di B. La nota rimase sul quaderno, seguita poi da altre annotazioni, prime stesure di racconti e titoli di libri che non avrei mai comperato. Parecchio tempo dopo, però, ricevetti la visita di un signore che mi disse di essere A.

 

Devo chiarire. Non era un signore in carne e ossa che era venuto a suonare il campanello di casa mia. Stavo guidando e, come spesso mi succede, la mente vagava libera. Mi venne di pensare, non so perché, a quella nota e subito dopo … Ecco, qui ho qualche difficoltà a spiegare. Se dico che ho sentito una voce, posso immaginare i sorrisetti di compatimento. Non ho sentito una voce, ma ho capito chi era A, dove era andato quella sera, che professione svolgeva. Lo sentivo parlare mentre spiegava gli eventi di quella sera. E descriveva B, la moglie.


Era tutto sotto controllo. Questo metodo di lavoro, diciamo di ispirazione automobilistica, lo pratico da anni. Per esempio, quando scrivo un articolo per il settimanale a cui collaboro, so che il primo paragrafo è il più difficile ma, una volta trovato, il resto procede in maniera agevole. Spesso trovo l’inizio del primo paragrafo proprio mentre sto guidando. Appena posso mi fermo e lo annoto (su carta o sul cellulare, dipende da quello che ho sottomano). Applico lo stesso metodo ai lavori di taglio più letterario, è ovvio. Così quel giorno, arrivato a destinazione, scrissi su un foglio quello che mi aveva detto A. E mi accorsi che poteva nascere una storia.

Scrivi commento

Commenti: 0